sabato 20 marzo 2010

GLI INTRADUCIBILI (?) - EL DESCANSO.


Premetto che non sono un' "ispanista" come si dice, ma ho passato un po' di tempo in Argentina e questo termine mi ha sempre affascinata. Certo si può tradurre con "riposo", ma...el descanso secondo me è diverso, perché implica un ruolo, paradossalmente, attivo nel volersi riposare, per uscire volontariamente dalla condizione di chi è cansado, cioè stanco. Il quadro di Gil José Benlliure, intitolato El descanso en la marcha, esprime bene tutto ciò: per il descanso c'è chi sceglie di abbandonarsi al sonno, ma anche chi decide di mangiare, giocare a carte o scherzare con gli amici-commilitoni...o coltivare un blog lol.
Se vogliamo proprio tradurlo, in inglese però, possiamo ricorrere all'abusatissimo e mal-pronunciatissimo relax (visto che "rilassamento", in italiano, fa pensare ad altro).
Per me, el descanso arriva un po' con il blog e la rete; con la compagnia di chi mi scelgo io; con la lettura di romanzoni-fiume; con l'ozio totale; con l'assenza di impegni e, soprattutto, di orari.
Insomma, non è che sia tanto frequente, questo descanso.
E per voi, gentle Readers 'n Bloggers?

domenica 14 marzo 2010

INGOVERNABILI

No, non è un post sugli italiani lol ma sui nostri ragazzi. E vi dico subito che non è un post "d'opinione", ma di dubbi.


Udii per la prima volta questa definizione di "ingovernabili" da un'insegnante napoletana, riferita ad una classe di ragazzi in un quartiere particolarmente difficile. La parola mi colpì per la sua precisione e, al contempo, perché un po' mi scandalizzava. Come, vogliamo governarli? non e-ducarli nel senso di tirar fuori da ognuno il meglio che ha in sé? oppure "governare", qui, va inteso nel senso di "mettere in ordine", e allora può essere positivo aiutare un ragazzo disorientato a rimettere ordine dentro di sé? o comunque se prima non li "governi" non puoi neanche sperare di educarli? quest'ultima, in effetti...

In inglese c'è: unruly, che però evoca un comportamento più attivamente scorretto da parte del soggetto in questione; oppure disruptive, che è ancora più forte. Ma sono solo i primi esempi che mi vengono in mente; questo non è uno dei miei post con pretese filologiche lol.

Cinzia Leone, in un suo sketch rivisto ieri in tv, diceva: sì, spiegategli che fumare fa male, ma lo avete avvertito che anche vivere fa male? (ironico e commovente sketch).

E poi, com'è diverso affrontare la questione da docente e da genitore; e com'è, passatemi l'espressione, confondente rivedere nel proprio figlio comportamenti aborriti, in passato, negli alunni (e magari si pensava...eh eh chissà come sono ottusi/rigidi/distratti i suoi genitori...mica come noi, ah aha...che nemesi, però).

Forse li abbiamo viziati per un comportamento che in inglese si chiama over-compensating, cioè cercando in modo scompsto di rimediare alle cose, vere o immaginarie, di cui li abbiamo privati.

O forse li abbiamo viziati per egoismo, perché viziare chi si ama è davvero un grande piacere.



Edoardo Sanguineti, poeta genovese, ha scritto dei versi bellissimi su questo:



piangi, piangi, che ti compero una lunga spada blu di plastica, un frigorifero

Bosch in miniatura, un salvadanaio di terracotta, un quaderno

con tredici righe, un'azione della Montecatini:

piangi, piangi, che ti compero

una piccola maschera antigas, un flacone di sciroppo ricostituente,

un robot, un catechismo con illustrazioni a colori, una carta geografica

con bandierine vittoriose:

piangi, piangi, che ti compero un grosso capidoglio

di gomma piuma, un albero di Natale, un pirata con una gamba

di legno, un coltello a serramanico, una bella scheggia di una bella

bomba a mano:

piangi, piangi, che ti compero tanti francobolli

dell'Algeria francese, tanti succhi di frutta, tante teste di legno,

tante teste di moro, tante teste di morto:

oh ridi ridi che ti compero

un fratellino: che così tu lo chiami per nome; che così tu lo chiami

Michele.



EDOARDO SANGUINETI (dalla raccolta "Segnalibro")



Il poeta con ironia, ma anche con dolcezza riproduce i nostri frenetici tentativi di accontentare quel figlio, così desiderato, così importante. E nella pointe finale ci fa capire di cosa aveva forse bisogno...di un fratellino. Di un suo simile. Di non essere più al centro dell'attenzione. Di essere amato, ma non più adorato.



Forse.

venerdì 5 marzo 2010

TRA UN PO' E' L'8 MARZO...CHE NOIA!








L' esclamazione originale era più colorita, ma questo è un blog per tutti lol. Sfuggì ad un uomo con cui stavo parlando, in un raro momento di spontaneità. Non intendo offendere nessuno, ma sono quasi certa che questo sia il VERO pensiero della maggior parte degli uomini verso questa data; ed anche di molte donne.



E in fondo perché una giornata per le donne? perché non per la foca monaca, o per le persone che hanno gli occhi di due colori diversi? Certo, all'inizio ebbe un senso istituire la giornata, in memoria delle operaie dell'industria Cotton, morte in modo orribile. Però, anche questo: se fossero stati uomini, sarebbero, passatemi l'espressione, "meno morti"? e le condizioni pericolose e tremende in cui lavoravano e per le quali decisero di scioperare, derivavano solo dal fatto di essere donne, o soprattutto dalla loro condizione sociale? Oggi mi pare che i morti sul lavoro siano in maggioranza maschi. Certo, forse Mr Johnson non avrebbe osato rinchiudere nelle fabbrica degli uomini, ma anche questo, secondo me, non è detto.



Quel rito così vuoto...non solo la mimosa che provoca allergia e compri carissima anche se da noi cresce a profusione, perfino sui muri delle case...la cena tra donne (ma spesso altre donne fanno da baby-sitter) magari seguita dall'abominevole spogliarello maschile, in un locale intendo (mentre il vero compagno, pagata e donata la mimosa, approfitta per stare un po' in pace...)gli auguri forzati.



Ma soprattutto, perché?? io non mi ci riconosco. Io voglio una festa per gli esseri umani pensanti e senzienti. Quando si farà?