mercoledì 28 ottobre 2009

ENTUSIASMO PER LA SCIENZA





Stanchezza, malumore, irritabilità e uno scarsissimo senso di tolleranza verso il prossimo. Una giornata così. Mi trascino nell'atrio del Palazzo della Regione, a Genova, e mi munisco, più o meno pazientemente, di cartellino per prendere i biglietti per il Festival della Scienza, per famiglia ed alunni..chiedo un'informazione a una signora più matura degli altri, probabilmente una responsabile, che indossa la (bellissima lol) maglietta del festival. E' qui che cambia tutto. Il suo entusiasmo, il sorriso radioso, la dovizia di particolari con cui mi risonde mi ricordano perché sono lì: perché fin dal primo festival della Scienza rimasi colpita dal modo in cui ragazzi giovani rispondevano, con grande pazienza ma anche con amore per la loro materia, alle inesauribili ed inesorabili domande di un bambino di cinque anni sul firmamento; era come se loro avessero il suo stesso entusiasmo, con in più le conoscenze, e non finissero di stupirsene, e di volerle condividere, queste conoscenze. Davvero bello.

E sempre sul festival...detesto la parola "femminismo" e tutto ciò che si avvicina all'etichetta e alla generalizzazione. Però, questa volta, lasciatemelo dire: che bello vedere ragazze giovani, belle e sexy come, del resto, quasi tutti i giovani oggi, vestite con la maglietta del festival ma con dieci strati di maglie sotto (per via del freddo) e intente, non già ad ammiccare, ma a convincere dei giovani recalcitranti che il ciclo dell'acqua è una cosa affascinante...

Io non mi intendo di scienza. Fui anche, a suo tempo, ignominiosamente rimandata in fisica. Ma al festival vado sempre, con o senza la scusa di accompagnare qualcuno ai vari laboratori, sentendomi come credo possa sentirsi una persona che, pur non avendo finito le elementari, legge avidamente tutta la letteratura che trova...ci vado per imparare; ci vado perché l'amore per il sapere e la luce dell'intelletto sono cose belle; ci vado perché l'entusiasmo è contagioso.
La foto è tratta da http://multimedia.blogosfere.it/, sito che dà anche informazioni sugli eventi legati al festival.

sabato 17 ottobre 2009

MAURIZIO CROZZA AL GENOVESE



La foto l'ho presa da forumambientalista.wordpress.com.

Di Crozza mi piacciono l'umorismo (quasi) mai greve; l'ironia, anche nel parlare delle cose più quotidiane; la voce calda e pacata.

I suoi sketch e le battute che preferisco:

- il losco individuo che vende, a mariti e mogli infedeli, finte prove di congressi all'estero (la migliore: l'opuscolo sul "convegno sulla vite filettata" che si svolge a Parigi di venerdì, sabato e domenica);

- "Friedman l'economista" che, per dimostrare che molti prodotti non sono affatto aumentati di prezzo con l'inflazione, cita come esempio lo champagne per gatti ("non è aumentato di un solo euro", con forte accento inglese);

-Veltroni che, per essere obiettivo e non dogmatico, finisce per perdere incisività: "A questo noi siamo contrari, ma anche favorevoli; e terremo una linea dura, ma anche morbida...";

- l'imitazione di papa Ratzinger e della sua gelosia per Wojtyla ("frateli e soreli...perché suo accento faceva sorridere e il mio arrabbiare?"); la sua vanità nel provare gli "abiti" nuovi...Crozza ha dovuto sospenderla (e anche a teatro, mentre la eseguiva su richiesta, sembrava francamente impacciato); ma a me non è mai sembrata blasfema, anzi, come tutte le imitazioni riuscite, mi pareva che ne trapelasse una certa simpatia e indulgenza per la "vittima".

- l'imitazione di Renzo Piano che "fa i capricci" e vuole trasferire il porto di Genova Voltri a Bolzaneto, sulle alture.


Nello spettacolo di venerdì Crozza ha spaziato dai fratelli Grimm, alla politica, alla scuola, ai suoi ricordi d'infanzia e da ragazzo. Non un attimo di noia. Ho apprezzato meno le battute su Mr B e le "escort" sia perché un po' facili, sia perché è una faccenda che secondo me suscita più che altro tristezza; e la rappresentazione di Brunetta da inginocchiato, per deriderne la statura bassa: a me, l'umorismo basato sul fisico, semplicemente non fa ridere. E poi, mi sembra che il ministro ne abbia, di difetti per attaccarlo in modo più sottile, senza ricorrere a quello (per lo stesso motivo mi dà fastidio sentire, o leggere, "il nano". Sarà che anch'io sono bassina lol).

Invece ho apprezzato molto, in ordine sparso:

- il presidente Napolitano, "costretto" a firmare un progetto per trasformare in garage il tribunale di Milano; gli scappa da arrabbiarsi,ma è costretto dai due corazzieri a controllarsi, per via della sua alta carica, e a firmare "tentennante" come farà poi scrivere sui giornali.

- Ancora Veltroni che dice: "Noi ma anche tu ma anche voi"; la legge del moto veltroniano enunciata dallo scienziato Zichichi ("il moto di un corpo nello spazio è direttamente proporzionale alla c.....a detta da Veltroni..."); non mi ricordo il resto ma fa ridere lol;

- i fratelli Grimm che si apostrofano l'un l'altro chiamandosi "Ehi, fratelli Grimm!";

- una canzone di Luigi Tenco, che non conoscevo, sul ruolo sociale dell'artista (questa era seria, e molto bella);

- la scuola: i vandali, quando vanno a scuola, restaurano; i nostri bambini devono portarsi la carta igienica ed anche il Bancomat, perché ormai c'è la lista delle cose da comprare;

- ancora "Friedman" che, prendendo esempio dal governo, dato che ha troppe spese taglia su quelle futili e inutili, quindi non sulle meretrici, ma sull'educazione dei figli;

- la differenza tra un figlio e un parlamentare: uno non fa un c....o tutto il giorno e ogni tanto si droga; l'altro è sangue del tuo sangue.

Poi ci sono gli sketch sull'architettura, molto divertenti, dove si sente che parte dei testi di Crozza viene scritta da Vittorio Grattarola, noto, ed evidentemente spiritoso, architetto genovese:

- L'architetto "Fuffas" (invece di Fuchsas) che disegna un esagono insistendo che è un pentagono e e teorizza la costruzione di una casa senza fondamenta - "immaginate una finestrella sospesa nel nulla...sì certo crollerebbe subito, ma quale gioia estetica per il passante!" - Ma a chi ha comprato la casa cosa resta? "Il mutuo!"

_ Il geometra che, con pronunciata cadenza genovese, tenta invano di dissuadere Frank Lloyd Wright dal realizzare una casa proprio su una cascata.


Pubblico genovese "ma" caldo, numeroso e partecipe.

Per me, una serata bella e diversa; a teatro in mezzo a gente che era lì non per mostrarsi, ma per divertirsi senza smettere di pensare.

venerdì 16 ottobre 2009

Fedeltà2 - CONCLUSIONI (DEFINITIVE?)

Seconda ed ultima citazione dall'amatissimo High Fidelity.

Qui Rob, il protagonista, riflette sul perché per alcuni sia così difficile mantenere una relazione stabile:

So maybe what I said before, about how listening to too many records messes your life up...maybe there's something in it after all (...).The guy ...with the suit and the car keys, he's married too, and now he's, I don't know, a businessman. Me, I'm unmarried - at the moment as unmarried as it's possible to be - and I'm the owner of a failing record shop. It sems to me that if you place music (and books, probably, and films, and plays, and anything that makes you feel) at the centre of your being, then you can't afford to sort out your love life, start to think of it as the finished product. You've got to pick at it, keep it alive and in turmoil, you've got to pick at it and unravel it until it all comes apart and you're compelled to start all over again. Maybe we all live life at too high a pitch, those of us who absorb emotional things all day, and as a consequence we can never feel merely content: we have to be unhappy, or ecstatically, head-over-heels happy, and those states are difficult to achieve within a stable, solid relationship.

Qui Rob associa il fallimento sentimentale a quello lavorativo, come un qualcosa che riguarda tutta la persona. E fa alcune osservazioni secondo me molto acute:

Perciò, forse, quello che ho detto prima su come l'ascoltare troppi dischi ti rovini la vita...forse dopotutto c'è qualcosa di vero. (...) Il tipo ... con il vestito e le chiavi della macchina, anche lui è sposato, e ora è, non so, un uomo d'affari. Io invece non sono sposato - probabilmente, al momento, sono l'uomo meno sposato che si può immaginare - e ho un negozio di dischi che va verso il fallimento. Mi sembra che se metti la musica (e i libri, probabilmente, e i film, e il teatro, e qualunque cosa ti faccia provare emozioni) al centro del tuo essere, allora non puoi permetterti di sistemare la tua vita amorosa, cominciando a considerarla come il prodotto finito. La devi stuzzicare, tenerla viva e in subbuglio, devi andarla a toccare e disfarla finché non cade a pezzi e sei costretto a ricominciare daccapo. Forse viviamo tutti la vita ad una frequenza troppo alta, quelli tra noi che assorbono emozioni tutto il giorno, e di conseguenza, non riusciamo mai a sentirci semplicemente contenti: dobbiamo essere infelici, o estaticamente felici fino a perderne la testa, e questi stati sono difficili da ottenere in una relazione solida e stabile.


Mi piace questo linguaggio razionale, quasi tecnico (finished product, unravel, too high a pitch) per parlare di cose attinenti ai sentimenti e per giungere ad una conclusione, in definitiva, molto "romantica" (il ritorno con Laura, dai tanto ormai l'avete letto lol).

sabato 10 ottobre 2009

Fedeltà 1 - Senso di (non) appartenenza

Non avevo ancora letto High Fidelity, di Nick Hornby, pubblicato nel 95. Mi è piaciuto moltissimo, più di About a Boy che tratta di un ragazzino che diventa padre.

Di questo autore apprezzo i contenuti, ma è soprattutto per il suo raffinato e ironico linguaggio che voglio proporvelo.

High Fidelity presenta un gioco di parole fin dal titolo. Infatti l'io narrante Rob, protagonista del romanzo, è appassionato di musica pop (ha anche un negozio di dischi) e tende a stilare liste delle canzoni che preferisce o a regalare compilation registrate alle donne che vuole sedurre; alta fedeltà, quindi, nel senso "musicale" del termine. Ma nel romanzo si parla poi di fedeltà, sì proprio quella, e dell'amore.

Trovo molto accattivante il modo in cui l'autore ci porta nel mondo della sensibilità maschile, ad esempio parlando di come, da ragazzo, immaginava la convivenza con una donna (e della successiva delusione, ma con simpatica ironia); o del suo invidiare gli uomini "macho" che non soffrono come lui:

There are men who call, and men who don't call, and I'd much, much rather be one of the latter. They are proper men, the sort of men that women have in mind when they moan about us. It's a safe, solid, meaningless stereotype: the man who appears not to give a shit, who gets ditched and maybe sits in the pub on his own for a couple of evenings, and then gets on with things; and though next time around he trusts even less than he did, he hasn't made a fool of himself, or frightened anybody...

Traduco liberamente:

Ci sono uomini che telefonano, e altri che non chiamano, ed io preferirei infinitamente appartenere a quest'ultima categoria. Quelli sono veri uomini, il tipo di uomini che le donne hanno in mente quando si lamentano di noi. E' uno stereotipo sicuro, solido e insensato: l'uomo che sembra fregarsene, che viene lasciato e magari sta seduto da solo al pub per due sere, ma poi continua la sua vita; e anche se la volta dopo si fida ancora meno di prima, non si è reso ridicolo, non ha spaventato nessuno...

L'ultima frase allude al fatto che il protagonista, sconvolto per essere stato lasciato, per un certo periodo "perseguita" l'amata telefonandole, aspettandola sotto casa ecc. Nel libro viene accusato di harassment; credo che all'epoca il termine stalking non fosse ancora di moda -l'accusa comunque è impropria, dato che il nostro eroe, lungi dall'essere minaccioso, è solo disperatamente innamorato. Rob si trova a riflettere sulla fedeltà proprio perché, da traditore, torna nel ruolo (che già conosceva) di tradito. Non vi dico come va a finire, nel caso non lo aveste ancora letto e voleste farlo; vi rivelo soltanto che il finale non mi ha delusa affatto...

In una sorta di moderna educazione sentimentale, Rob, per capire perché è stato lasciato, va in cerca di tutte le sue ex. Incontra anche quella che lo ha ferito più di tutte, facendolo sentire inadeguato in ogni rapporto successivo. L'ex fidanzata Charlie (è anche un nome da donna lol), bella e "trendy" (Rob non finiva mai di stupirsi che una così stesse con lui), lo invita volentieri ad una festa, soprattutto, dice, per presentargli un'amica che le sembra adatta a lui -up your street. Il resoconto di questo party è, secondo me, esilarante nella sua semplicità e verità. Prima c'è la descrizione degli ospiti:

When I walk into the sitting room, I can see immediately that I'm doomed to die a long, slow, suffocating death. There's a man wearing a sort of brick-red jacket and another man in a carefully rumpled linen suit and Charlie in her cocktail dress and another woman wearing fluorescent leggings and a dazzling white silk blouse and another woman wearing those trousers that look like a dress but which aren't. Isn't. Whatever. And the moment I see them I want to cry, not only through terror, but through sheer envy: why isn't my life like this?
Both of the women who are not Charlie are beautiful - not pretty, no attractive, not appealing, beautiful - and to my panicking, blinking, twitching eye virtually indistinguishable: miles of dark hair, thousands of huge earrings, yards of red lips, hundreds of white teeth.

Traduco, nel modo più "fedele" possibile lol:



Quando entro nel salotto capisco subito di essere destinato ad una morte lunga, lenta e soffocante. C'è un uomo che indossa una sorta di giacca color mattone, e un altro con un vestito di lino coscienziosamente stropicciato, e Charlie con il suo abito da cocktail e un'altra donna con dei "fuseaux" fluorescenti e una camicia di seta bianca abbagliante e un'altra ancora con quei pantaloni che sembrano un vestito ma non lo sono; cioè non lo è, o come si dice. E appena li vedo mi viene da piangere e urlare, non solo per il terrore, ma per pura invidia: "Perché la mia vita non è così ?".


Entrambe le donne che non sono Charlie sono belle - non carine, non attraenti, non piacevoli, ma proprio belle - e, ai miei occhi sbarrati e contratti dal panico, virtualmente non distinguibili: metri e metri di capelli neri, migliaia di orecchini enormi, chilometri di labbra rosse, centinaia di denti bianchi.


Il "cocktail party" inizia con le presentazioni:


The one wearing the white silk blouse shuffles along Charlie's enormous sofa, which is made of glass, or lead, or gold - some intimidating, un-sofa like material, anyway - and smiles at me; Charlie interrupts the others ('Guys, guys...') and introduces me to the rest of the party. (...) Clara...Nick...Barney...Emma...if these people were ever up my street I'd have to barricade myself inside the flat.


In italiano:



Quella che indossa la camicia di seta bianca si trascina sull'enorme sofà di Charlie, che è fatto di vetro, o di piombo, o d'oro - comunque un materiale atto a intimidire, per niente da sofà - e mi sorride; Charlie interrompe gli altri ("Raga, raga...") e mi presenta. (...)Clara...Nick...Barney...Emma...se questa gente si trovasse mai davvero "sulla mia strada", sarei costretto a barricarmi dentro l'appartamento.


(Se qualcuno ha letto la traduzione italiana, forse potrebbe dirmi come hanno fatto con up my street - il gioco di parole fa riferimento al doppio senso tra "che abita nella tua via" e "molto adatto a te".)


Dopo le presentazioni, inizia la "festa", cioè la conversazione:

'We were just talking about what we'd call a dog if we had one',, says charlie. 'Emma's got a labrador called Dizzy, after Dizzy Gillespie'.

'Oh right', I say. 'I'm not very keen on dogs'.

None of them say anything for a while (...).

'Is that size of flat, or childhood fear, or the smell or...?' asks Clara, very sweetly.

'I dunno. I'm just...' I shrug hopelessly, 'you know, not very keen'.

They smile politely.

- Citare tutto sarebbe stato troppo lungo, ma leggendo il resoconto di questo "party" sembra di esserci, di sentire lo sgomento del protagonista e il suo senso di not belonging, di non appartenere a quell'ambiente e di essere completamente fuori luogo.Provo a tradurre:

'Stavamo giusto parlando di come chiameremmo un cane se ne avessimo uno', dice Charlie. 'Emma ha un labrador che si chiama Dizzy, da Dizzy Gillespie'.

Ah, sì' dico io, 'a me i cani non piacciono molto'.


Per un po' nessuno dice niente(...).


'E' per via delle dimensioni dell'appartamento, o di una fobia d'infanzia, o dell'odore...?' chiede Clara, con molta dolcezza.


'Non so. E' solo che...' alzo le spalle disperatamente, 'capito, non mi piacciono molto'.


Tutti sorridono educatamente.


Alla fine, questo si rivela il mio contributo più importante alla conversazione della serata(...).


Nick Hornby continua con un dettagliato resoconto della vuota conversazione che segue, e del suo mutismo e senso di esclusione.


Per certi aspetti lo trovo così inglese da perdersi quasi completamente nella traduzione (almeno nella mia lol, penso che ora cercherò quella italiana ufficiale!). Ad esempio Rob ironizza sul fatto che la sua ex lo abbia lasciato per un certo Marco, perché questo nome italiano così comune da noi gli sembra esotico e pretenzioso fino a sfiorare il ridicolo (un po' come un tempo da noi Deborah, con l'H; prima che l'Italia diventasse una colonia linguistica degli USA, ehm scusate la divagazione)...


Per altri versi però, i sentimenti di cui parla con delicatezza e auto-ironia; i temi del'amore, della fedeltà a se stessi e a un altro, del senso di essere nel posto sbagliato al momento sbagliato, ci toccano tutti, indipendentemente dalla lingua e dal tipo di cultura.

O no?

martedì 6 ottobre 2009

LA SCELTA

Sabato scorso ci sono state varie manifestazioni per la libertà di stampa. Ecco, a proposito, una favola di La Fontaine che amo moltissimo:



Le Loup et le Chien

Un Loup n'avait que les os et la peau,
Tant les chiens faisaient bonne garde.
Ce Loup rencontre un Dogue aussi puissant que beau,
Gras, poli, qui s'était fourvoyé par mégarde.
L'attaquer, le mettre en quartiers,
Sire Loup l'eût fait volontiers ;
Mais il fallait livrer bataille,
Et le Mâtin était de taille
A se défendre hardiment.
Le Loup donc l'aborde humblement,
Entre en propos, et lui fait compliment
Sur son embonpoint, qu'il admire.
"Il ne tiendra qu'à vous beau sire,
D'être aussi gras que moi, lui repartit le Chien.
Quittez les bois, vous ferez bien :
Vos pareils y sont misérables,
Cancres, haires, et pauvres diables,
Dont la condition est de mourir de faim.
Car quoi ? rien d'assuré : point de franche lippée :
Tout à la pointe de l'épée.
Suivez-moi : vous aurez un bien meilleur destin. "
Le Loup reprit : "Que me faudra-t-il faire ?
- Presque rien, dit le Chien, donner la chasse aux gens
Portants bâtons, et mendiants ;
Flatter ceux du logis, à son Maître complaire :
Moyennant quoi votre salaire
Sera force reliefs de toutes les façons :
Os de poulets, os de pigeons,
Sans parler de mainte caresse. "
Le Loup déjà se forge une félicité
Qui le fait pleurer de tendresse.
Chemin faisant, il vit le col du Chien pelé.
"Qu'est-ce là ? lui dit-il. - Rien. - Quoi ? rien ? - Peu de chose.
- Mais encor ? - Le collier dont je suis attaché
De ce que vous voyez est peut-être la cause.
- Attaché ? dit le Loup : vous ne courez donc pas
Où vous voulez ? - Pas toujours ; mais qu'importe ?
- Il importe si bien, que de tous vos repas
Je ne veux en aucune sorte,
Et ne voudrais pas même à ce prix un trésor. "
Cela dit, maître Loup s'enfuit, et court encor.


Gentle Bloggers and Readers! Dove state scappando? Apettate; ecco la parafrasi: un lupo, magro e patito, incontra un cane ben pasciuto; si sentirebbe in dovere di attaccar briga, ma lo vede un po' troppo robusto.

Allora, seguendo il principio "se non puoi batterli fatteli amici", gli si rivolge facendogli i complimenti per com'è bene in carne. "Ma dipende da voi" gli risponde il cane "diventare pasciuto come me e non vivere disperato nei boschi come i vostri amici lupi".

Il lupo, naturalmente, drizza le orecchie (lol) e gli chiede cosa deve fare, se deciderà di seguire il cane, per diventare un privilegiato come lui; "Quasi niente" gli risponde il cane (e qui mi piace tradurre proprio le parole usate da La Fontaine): "dare la caccia alla gente che porta dei bastoni e ai mendicanti; lusingare quelli della casa, compiacere il padrone"; così facendo, dice il cane, otterrete un ottimo salario: "ossa di pollo, ossa di piccione, senza parlare di numerose carezze./ Il lupo già si figura una felicità che lo fa piangere di tenerezza".

Strada facendo, mentre lo segue, vede il collo del cane raschiato e gli chiede di che si tratta. Il cane nicchia, cambia discorso; risponde evasivamente; ma il nostro lupo insiste. Infine ammette: "Mah (questo 'mah' lo aggiungo io lol), forse sarà a causa del collare che serve per legarmi. - Ma come per legarvi - dice il lupo - non siete dunque libero di correre dove volete? "Non sempre risponde il cane "ma che importa?" - "Importa così tanto" risponde il lupo "che non voglio saperne di tutti vostri pasti; e a questo prezzo non vorrei neppure un tesoro."

E l'incomparabile verso finale: "cela dit...(le loup) s'enfuit...et (il) court encore".

Dopo aver capito a cosa serviva il collare del cane, il lupo si mise a fuggire..e sta ancora scappando.

Buona giornata, free and gentle Readers.