domenica 28 giugno 2009

I LOVE RADIO ROCK





Mi fa piacere che questo film, proiettato a Genova in un cinema fuori dai grandi circuiti, abbia avuto successo; in rete ne hanno già parlato alcuni bloggers più sensibili.

Forse l'unica cosa che non mi è piaciuta è stata la versione italiana del titolo, di una banalià tale che ha spinto alcuni commentatori a trovare melenso tutto il film (e non lo è, secondo me). Certo The Boat that Rocked, cioè la barca che rollò, che rischiò il naufragio - ma è evidente anche il riferimento al rock 'n roll - non era facile da tradurre: ma perché non lasciare il titolo originale, come si è fatto in altri casi - ad sempio Lost in Translation, The Unbreakable, ecc.? chi va a vedere quel genere di film secondo me conosce, o almeno ama, abbastanza l'inglese da non meritarsi la semplificazione di un titolo così scontato.

A me è piaciuto per la musica, certo; per l'ironia; per ricordare quei tempi, le "radio libere"; per il tema della libertà. Ho apprezzato, in particolare, l'umorismo di alcune scene: il sussulto della moglie "perfettina" quando a casa del ministro viene tirato il cracker, che emette un suono lievissimo, e il contrasto con la festa sgangherata a bordo della nave; ma soprattutto la scena del naufragio in cui Carl deve convincere il vecchio disc-jockey, che ha scoperto essere suo padre, ad abbandonare la cabina rinunciando alla cassa dei dischi per lui preziosi. E' una scena muta, che in modo surreale, si svolge sott'acqua; vediamo quindi solo i gesti imperiosi del ragazzo ormai cresciuto, che indicando al padre sciroccato la cassa da abbandonare, lo costringe a reagire e a ricollegarsi con la realtà. Spiritoso, ma anche profondo e commovente: Carl, che non aveva mai conosciuto suo padre, quando scopre che si tratta dell'artistoide drogato che la mattina lascia la tavola (tranquillissima) della colazione dichiarando "E' frenetico qui" lo accetta immediatamente; lo ama com'è. Sì, insomma; come diceva una mia amica, è cine. Bellissimo cine, però.

Suq e Pride: ESOTISMO PER SIGNORE, AMORE PER TUTTI

Si è concluso da poco il suq (o souk) di Genova, riproduzione domestica del mercato orientale, dove ogni anno si possono acquistare prodotti arabi e africani (ma non solo) ed ascoltare ottima musica, in particolare quella del MELT (Migration in Europe and Local tradition) che riunisce, appunto, le più svariate tradizioni musicali per interpretare, con grinta ed originalità, anche pezzi "classici" delle varie nazioni. Loro hanno suonato al finale, mentre i Romanian Gypsies, miei prediletti, c'erano il 12 (me li sono persi purtroppo)
Io ci vado ogni anno, mi compro il regolamentare abitino "arabo", di solito sbracciato per il mare, che una musulmana non metterebbe mai; provo il profumo Mille e una notte (giuro c'era) sfoglio i manuali arabo-italiano e mi diverto un sacco, devo dire soprattutto con la musica. Quest'anno c'era anche la raccolta differenziata subito fuori dall'ingresso, così chi, come me, ha gustato il riso berbero seduto di fronte ai bidoni della spazzatura, si sentiva "politicamente corretto" fino in fondo.
E' una bella manifestazione, anche esteticamente molto accattivante ( a parte i bidoni), ma chi come me ama i vicoli di Genova, sa che non è quello il vero suk. Tralasciamo pure quello autentico del posto, dove peraltro saebbe pericoloso avventurarsi da soli ecc.; ma a Genova, dico, c'è una sorta di mercato permanente e molto più vero, dove chi proviene da terre lontane vende cose, alcune utili, altre rubate, altre che non ti servono ma vorrebbe propinarti...poi ci sono i venditori di kebab, sempre aperti, sempre pronti ad offrirti il tè alla menta bollente e molto zuccherato...non così facile da riprodurre a casa, anche perché mancherebbe il sorriso timido e cordiale delle loro mogli, dei figli piccoli che vanno a scuola qui ma non hanno perso il "meglio" della loro cultura. E poi ci sono, certo, i pericoli, le facce un po' torve...qualcuno è abbastanza vecchio da ricordarsi quella canzone di Lucio Dalla ? Ci sono anche i delinquenti/ma non bisogna aver paura, solo stare un poco attenti. Voglio dire che il vero suq, nel centro storico di Genova, c'è tutti i giorni. Quello di giugno è festoso e divertente; ma sta all' autentico come i MELT - musicalmente colti, puliti, ineccepibili, ma forse un po' costruiti - stanno ai Romanian Gypsies - all'apparenza "brutti e cattivi", ma non meno talentuosi, e quanto più veri.


Poi c'è stato il pride di Genova. Mi è piaciuta molto la scelta del nome e il loro modo di presentarla: pride anziché gay pride, perché si parla dell'orgoglio di chiunque di essere se stesso. Il coraggio, dunque, di essere "diversi", non necessariamente dal punto di vista sessuale, ma perché si segue il proprio stile, come ha detto la cantante Mary K.

Mi è piaciuta la festa; spontanea, con la gente che ballava, le vecchiette che osservavano i travestimenti più bizzarri con occhio incuriosito e tollerante, i bambini che coglievano l'occasione per fare gazzarra senza essere sgridati.
Ma più di tutto mi è piaciuta Luxuria. Una faccia intelligente, simpatica, onesta. Magari dà solo quest'impressione; magari a tu per tu è scostante, piena di pregiudizi e limitata (io non ci credo). Comunque sia, penso che la sua faccia simpatica, il suo modo sereno di fermarsi a parlare con la gente, derivino da una cosa: è una persona che ha lottato per essere completamente se stessa, senza maschere.E in giro, non solo tra i politici, di persone così ce ne sono meno di quanto si creda.

giovedì 18 giugno 2009

GLI INTRADUCIBILI - ? Parte Seconda: MURI PIEMONTESI

Questo "intraducibile" mi è stato regalato da un amico piemontese al quale ho parlato di drive up the wall, di cui al post precedente; gli è venuto in mente per analogia, anche se il significato è diverso.

In piemontese si dice:
rascia- mueraje*

per indicare una persona così ubriaca che cammina rasente al muro, aggrappandovisi, praticamente, per non cadere. "Raschiandolo", praticamente, con le mani.
Pare che in una località chiamata Cisterna ci sia un ristorante con questo nome, che allude proprio a quello.

Non conosco assolutamente il piemontese, ma questo rascia-mueraje così evocativo di un'ubriachezza allegra, un po' da macchietta, entra a pieno titolo nel novero degli intraducibili.

* ci vorrebbe la "u" con la dieresi, ma la mia tastiera si rifiuta di seguire il filo di tutti questi ragionamenti linguistici - per ora.

GLI INTRADUCIBILI - ? Parte Prima: MURI INGLESI

Oggi vi propongo come "intraducibile" un idiom, un modo di dire che viene usato in inglese per indicare una persona, o una situazione, esasperante:

he/she/ it drives me up the wall

La traduzione letterale sarebbe: mi spinge (drives) su per il muro. Ma la frase significa: mi esaspera a tal punto che mi arrampicherei sul muro (cosa di solito impossibile), in preda all'ira e/o per sfuggirgli e ritrovare la pace. Si può riferire anche ad un atteggiamento o un suono: ad esempio, nel caso della musica che sta ascoltando mio figlio a tutto volume, diremmo: this music is driving me up the wall.

Il nuovo Ragazzini traduce: mi fa impazzire.
Forse, azzardo, la persona "latina" in caso di situazione davvero esasperante si limita ad impazzire; così, in un certo senso, non ci pensa più. Gli anglosassoni, come già dicevo molto sensibili alle sfumature del linguaggio dei sentimenti (contrariamente a quel che vuole il luogo comune!), hanno trovato le parole per dirlo.

E appena detto, stai già un po' meglio.

Per questo amo le parole.

Comunque penso che il concetto espresso sia familiare a quasi tutti i miei, pur gentle, Readers and Bloggers; perciò se conoscete un altro modo per dirlo (magari in dialetto visto che i dialetti italiani sono così espressivi), fatemelo sapere, sarà un arricchimento per questo blog e per la vostra fedele blogger.

martedì 16 giugno 2009

ACQUA DISIDRATATA E BRODO DI POLLO

So per certo che alcuni tra voi, gentle Readers and Bloggers, sono cuochi/e provetti e raffinati.

Altri ancora avranno mamme, mogli/mariti, fidanzate/i, amanti o aspiranti tali che vi preparano buoni piatti, chiedendo in cambio solo uno sguardo di approvazione dopo il pronto e vorace consumo degli stessi.

Ma forse c'è anche qualcuno che compra quei...tremendi...prodotti "pronti" da cucinare...budini, zuppe, risotti liofilizzati...sapete di cosa sto parlando? Tempo fa un'opinionista inglese faceva notare come le istruzioni per cucinarli diventino sempre più dettagliate, soprattutto negli Stati uniti, dove è facile che ci siano denunce collettive per danni provocati da scarse istruzioni sull'usodi un prodotto. Ad esempio: "Mettere due cucchiaini di cioccolato in polvere in fondo alla tazza, versarvi sopra il latte bollente; attendere che si raffreddi un poco, quindi bere". Il corsivo è mio. La giornalista immaginava uno scenario in cui tali istruzioni prendessero per così dire il sopravvento, diventando mano a mano sempre più dettagliate...magari proseguendo:"...dopo aver bevuto, sedersi davanti alla t.v., mettere i piedi sul tavolino, scegliere un telefilm..." ecc.

Bene, ora il nostro amico Peter Jones, professore emerito e pervicacemente anti-internet (per ora lol), propone due prodotti sulla linea di quelli "pronti al consumo".

Innanzitutto, complimenti per aver scelto due tra nostri migliori prodotti. Voi sì che siete dotati di discernimento ed acume. Ve li presentiamo meglio:

Acqua disidratata
(utilissima in campeggio, al mare e in tutte le situazioni in cui serve molta acqua).
ISTRUZIONI: aprite la busta e versatene con cura il contenuto in un grosso secchio, facendo attenzione a che non si disperda (l'acqua disidratata è completamente trasparente e priva di peso).
Aggiungete abbondante acqua fresca.
Attendete un quarto d'ora; mezz'ora se si tratta di un secchio particolarmente grande.
Voilà! La vostra acqua è pronta.

Brodo di pollo
(se amate il brodo di pollo come lo facevano le nostre nonne, non potrete più farne a meno).

ISTRUZIONI: Versate il contenuto della busta (sale e pepe n.d.r.) in una grossa pentola. Aggiungete acqua a volontà e portate ad ebollizione. Aggiungete quindi un bel pollo e fate cuocere a fuoco lento per circa quaranta minuti.
Il brodo di pollo è pronto!
Servite ben caldo, ma state attenti a non scottarvi.
Dopo cena abbraccciate la persona amata e state a vedere che succede.

Ehm scusate, le istruzioni hanno preso ancora il sopravvento...ignorate pure l'ultima frase.

Va beh dai, stasera ero stanca ma non volevo lasciarvi soli.

venerdì 12 giugno 2009

METABLOG, IL SILENZIO DI TITANIA E LA BELLA SORPRESA

Da studentessa mi affascinava il cosiddetto meta-romanzo: un romanzo sul romanzo, spiegavano i professori; un genere che parla di se stesso; nel teatro, I sei personaggi in cerca d' autore: è teatro, ma è anche un'opera sul teatro.

E oggi ci sono i meta-blog. Vi ho già citato quello di Julochka, che trovate tra i miei link come Moments of Perfect Clarity: lei parla di "cotte per i blog" e del modo sottile in cui un blogger ("cattivo" lol) può rivolgersi con un linguaggio speciale, magari un po' ironico solo ad alcuni suoi fedeli adepti, creando di fatto una sorta di blog privato anche se aperto a tutti...insomma analizza, in modo molto sottile, lo stile e le dinamiche di questo strumento.

Esistono anche blogger un po' snob, che si ritengono superiori agli altri e li commentano - sul proprio blog - con sufficienza. Per questi rimando al mio precedente post: Titania's Raspberry...

Poi c'è Artemisia di Message in a Bottle che, nei suoi Consigli a chi apre un blog, ne parla in modo sapiente e simpatico (considero un capolavoro il commento di un suo lettore: "Personalmente ho aperto un blog per poter parlare senza essere contraddetto". Alzi la mano chi, in fondo al suo pur democratico cuore di blogger, non lo ha mai pensato...).

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Il suo ultimo post, poi, è stato il primo di una serie di belle sorprese: mi ha fatto capire che anche nella blogosfera esistono le anime affini.
Perché anch'io, in questo periodo in cui il mondo esterno con prepotenza si impone, con le elezioni, con i ragazzi a scuola ciascuno con le sue difficoltà e i suoi successi, con...per qualche giorno ho provato il desiderio di stare in silenzio. Poi ricominciando, con cautela, a navigare...sono approdata da Artemisia; poi sull'Agorà del Rockpoeta, che con una poesia stupenda Anemia, esprime proprio queste nostre sensazioni.

Allora ho capito che andava tutto bene. Pare che i blog esistano da dieci o dodici anni. Stefano Bartezzaghi, su "Repubblica", ci dice che si tratta di una pagina web (da cui la B iniziale - ma non era una W? mah misteri della rete lol) che assomiglia ad un "log", cioè un diario di bordo. Nel blog, dice Bartezzaghi, si compie forse il karma di Internet: dare alla voce dell'uomo nel deserto la possibilità di essere raggiungibile, "sino a che il deserto diventi meno deserto".

E' per questo, gentle Readers and Bloggers, che siamo qui. Ed è per questo che mi piace, ora, andare a rispondere a tutti i vostri commenti; e andare a commentare tutti i post che mi sono persa, anche quelli così vecchi che il blogger loro autore - se non ha la funzione "Nuovi Commenti" o non è maniacale come me - potrebbe non leggerli più.


Facebook, go home!

venerdì 5 giugno 2009

GLI INTRADUCIBILI - ?

Ho in mente questa nuova rubrica dal titolo provvisorio, spero che vi piacerà.
Vorrei proporvi alcuni termini che hanno, nella lingua in cui si usano, un significato talmente preciso, e così legato alla cultura di un paese ed al modo di intendere e studiare la realtà, da risultare - appunto - praticamente intraducibili.


Le parole che ho in mente per ora sono tutte inglesi, ma non è detto che si tratti di una regola.

Vero è che l'inglese secondo me è una lingua ricchissima, pronta sempre ad accogliere nuove forme e sfumature per spiegare anche i sentimenti più reconditi; parlo dell'inglese vero non di quello "bastardo" che noi e dico NOI insegnanti propiniamo (spesso per pigrizia) ai ragazzi a scuola.

Vorrei iniziare dal termine
needy. Certo deriva da need, bisogno e sta, quindi, ad indicare appunto una persona "bisognosa".
Ma col tempo ha preso un'accezione precisa, di tipo psicologico; questo aggettivo riassume in sé gli aspetti di una persona "bisognosa" di affetto, rassicurazioni continue, coccole. Non solo: la parola inglese riassume (
sums up) una serie di comportamenti, non necessariamente o sempre equilibrati, derivanti appunto da questa neediness. Se io dico "He left her because she was too needy" il mio interlocutore anglofono comprenderà immediatamente e visualizzerà una donna che telefona troppe volte, che chiede in continuazione se l'altro la ama e se la ama davvero e a cosa sta pensando...esempio che, mi affretto a sottolineare, poteva essere anche al contrario (dalle mie ricerche, naturalmente in Rete!, la neediness sembra affliggere maggiormente l'uomo americano, ma preferisco non approfondire questo aspetto lol).

Ecco: la parola
needy fa parte di un gruppo di vocaboli ed espressioni che, secondo me, debbono essere citate nell'originale; non certo per snobismo, ma proprio perché non esiste in italiano una traduzione che sia davvero equivalente.

Certo, mi sono posta il problema che non si tratti di mia imperizia nel tradurre..o anche del fatto che sono più abituata ad incontrare quel termine in una lingua che nell'altra. Su questo mi piacerebbe un vostro
feed-back (tanto per restare in tema lol); e se ne avete voglia, un contributo su termini che per motivi analoghi, voi considerate intraducibili: in italiano, in arabo, in dialetto...purché siano parole ed esprimano una "cosa" che, secondo voi, si può dire solo così.