mercoledì 28 dicembre 2011

VENA SENTIMENTALE DI FINE ANNO

Ora che ho un po' più di tempo, voglio fare bene gli Auguri ai miei amici di blog, tutti. Per esempio:

Artemisia, che io vedo come una blogger tipicamente toscana, "tosta" ma, a modo suo, dolce.
Adriano Maini, curioso della vita e della cultura in tutti i suoi aspetti.
Rockpoeta, davvero poeta e davvero rock, malinconico viveur, talvolta allegro e terrestre, sempre impegnato nel sociale.
Alberto, con il suo sguardo acuto ma gentile.
Sabatino, poeta dell'immagine.
Franco Zaio, primo mio commentatore! rocker, lettore, blogger, spirito libero e family man.
Lupo Selvatico, che così si dichiara ma ai miei occhi è sensibile e aperto agli altri, lettore onnivoro, uomo politico e uomo sociale.
Enrica Galassi, sempre pronta ad accogliere nuovi punti di vista, lettrice attenta, è vissuta in Francia e la pensiamo allo stesso modo su tante cose...
Riccardo Uccheddu, scrittore ed entusiasta dell'arte e della vita...

...cosi' vi vedo amici "virtuali", non so se siete davvero così.

Poi auguri agli amici "non di blog": quelli che non sanno del blog, quelli che lo sanno ma non lo leggono, quelli che fingono solo di non leggerlo, quelli che lo leggono e sono perplessi ma mi vogliono bene lo stesso e per sempre...

Tu, ..., nata Grande Madre Terra, non hai avuto figli ma spargi amore a piene mani e accudisci l'anima dei tuoi amici;
Tu, ..., sei un artista ma lavori con gli ottusi, alterni la sensazione di essere "un drago" a quella di non valere nulla;
Tu, ..., spinosa ma dolce, litighi con tutti ma poi vorresti affetto;
Tu, ..., permaloso, serio, fragile in fondo.
Tu, che parli tanto perché sei un po' sola; mentre mi racconti prolissa io vedo scorrere le vite che non hai avuto, il marito! i figli! la brillante carriera! la casa perfetta! la tua vita invece è solo questa, ma l'amicizia c'è.
E tu, amica rimasta sola troppo presto, come vorrei aiutarti e che fosse facile come da ragazze...

Anche a voi dico lo stesso: vi vedo o vi immagino così, scusatemi se non ci ho azzeccato.

Tanti auguri, amici. Voglio augurarvi:
amore sfrenato
molta ironia
pace interiore, senza dover aspettare l'altra vita
passione nel lavoro e precisione a casa (o era il contrario?)
soldi a sufficienza per prendere un taxi quando volete, anche a Genova dove sono carissimi lol
precisione nella grammatica, propria e altrui naturalmente
giustizia sociale o, almeno, poter lottare per ottenerla
editori illuminati e munifici!
figlie e figli felici e colti, ricchi ma onesti
......
ho cercato di pensare un po' ai desideri di tutti voi; alcuni coincidono con i miei.

Ma il più importante è di continuare ad avervi come amici.

lunedì 26 dicembre 2011

E' FESTA MA...

...manca lo stesso il tempo per postare sigh.

Comunque, auguri a tutti voi, che non dimentico.

Licia

sabato 26 novembre 2011

GLI INTRADUCIBILI (?): CREEPY


Il primo significato è "che striscia (o si muove) lentamente"; ma a noi interessa il suo, diffusissimo, senso figurato, che il Ragazzini traduce con "che fa accapponare la pelle". Deriva dal verbo Creep, insinuarsi, avanzare a poco a poco e furtivamente. A Creep (sostantivo): familiare per "individuo disgustoso" (ma questo si allontana dal significato originale).

Creepy appartiene al linguaggio familiare e potremmo, in modo approssimativo, tradurlo con "da paura". Un tempo a "creepy film" o creepy story era una cosa tipicamente inglese; ora ci sono anche ragazzi e adulti italiani che li apprezzano.

Anche se a volte sono usati come sinonimi, "Creepy" sta a "Horror" come "(British) humour" sta a "comico": in entrambi i casi, il primo elemento è molto più sottile. Se "comico" vuole che tu rida ad alta voce e horror ti dice guarda che paura che ti faccio, humour si accontenta di far sorridere chi capisce, o al limite di sorridere anche da solo; e creepy ti inquieta, ma a volte non sapresti spiegare perché.

domenica 20 novembre 2011

QUEL CHE RESTA

Di tutti i motivi che mi hanno portata a trascurare il blog, il più serio è la mia partecipazione ad un seminario sulla shoah, che si è tenuto a Parigi presso il Mémorial de la Shoah.

Si è parlato di tante cose; gli studiosi della Shoah (che in ebraico significa "catastrofe") o olocausto, almeno in Francia, insistono sulla necessità del rigore storico e di evitare ogni sentimentalismo e banalizzazione dell'argomento.

Ma quello che vorrei condividere con voi è l'intervento più toccante: quello di
HENRI BORLANT, sopravvissuto al Campo di Auschwitz e autore dell'autobiografia Merci d'avoir survécur. Questa frase, che vuol dire "Grazie di essere sopravvissuto", gli fu scritta da un alunno di una delle scuole che visitò per testimoniare la sua esperienza. Trovo che nella sua semplicità dica tutto.

Henri Borlant aveva quindici anni quando era ad Auschwitz. Dei suoi accenni a quell'esperienza mi ha colpita la fame che lo perseguitava - un ragazzo di quell'età, costretto a mangiare pochissimo, non fa che sognare il cibo, e questa privazione non fa neppure notare le altre. Però...quando gli è stato chiesto come avesse fatto a dimenticare, a non suicidarsi dopo, a sopravvivere appunto, lui si è, in qualche modo, contraddetto, dicendo che aveva resistito grazie a due cose: il fatto di aver ritrovato, una volta fuggito, sua madre ancora viva; e la preghiera che lo confortava (preghiera anche proprio per la madre stessa) mentre era ancora prigioniero.

Per il resto quest'uomo ancora bello, elegante e ironico, preferisce parlare del "dopo" piuttosto che di quell'esperienza (ce n'est pas un sujet de conversation de salon, cioè non è argomento salottiero, dice con ironia). Lui vuole parlare di quel che resta di bello: della moglie tedesca ("L'ho sposata perché era carina, mica perché era tedesca!"), dei figli, del suo lavoro di medico, del libro appena scritto.

Oltre ad essere sopravvissuto fisicamente, ha manternuto lo spirito di quel ragazzo.

Di questo, con umiltà e senza l'aborrito sentimentalismo, anch'io vorrei ringraziarlo.

giovedì 18 agosto 2011

QUESTO NON E' INTRADUCIBILE...



...Ma lo trovo irresistibile; me lo ha insegnato un giovanissimo amico. Dovrebbe essere la traduzione spagnola di "Eat my shirt" o "Eat my shorts", in italiano "Ciucciami il Calzino", leitmotiv dei cartoni dei Simpson.

In spagnolo si dice: Multiplìcate por zero! cioè "annullati", sparisci da quanto ti ho umiliato, o come direbbero i ragazzi oggi, "Ti ho spento".

Non commento sulla raffinatezza e l'intellettualismo di questa traduzione spagnola, rispetto alla nostra italiana, che risulta secondo me oltre che vagamente volgare, anche incomprensibile...

Buon caldo a tutti lol.

venerdì 22 luglio 2011

THE CAT, THE RAT AND THE DOG...







“The Catte, the Ratte and (Lovell our) dogge rulyth all Englande under a hogge.”



Traduzione "il gatto, il ratto e (Lovell) il (nostro) cane regnano su tutta l'Inghilterra, sotto (il governo) di un cinghiale" (con riferimento al simbolo araldico del re).

Fu scritto da un anonimo nel luglio 1484, con riferimento ai governanti dell'Inghilterra sotto Riccardo III.


Ogni tanto questi vecchi detti vengono ancora bene lol.

giovedì 21 luglio 2011

IL VIOLINISTA E IL CALCIATORE

Martedì sera: Concerto in omaggio a Paganini nell'incantevole basilica di Santa Maria delle Vigne, nel Centro Storico di Genova. Suona il virtuoso Alexandre Dubach accompagnato dall'orchestra di Berna-Belp. La musica è bellissima, irresistibile per le mie orecchie profane; un'amica violinista mi dice che Paganini componeva musica "facile"...sarà proprio per questo che la trovo così accattivante. Ma vorrei dire dell'interprete Dubach e del direttore d'orchestra: secondo me si vede subito che non sono latini. Perché sono completamente un-selfconscious nel mostrarsi al pubblico, nel palesare il loro entusiasmo per la musica che ci propongono, nel gioire del successo (anche loro) e degli applausi. E perché sono completamente "nel momento".


Come gli adolescenti che conosco io quando giocano a calcio: ci sono delle foto dove vedi la loro espressione, non sempre in questo caso gioiosa, ma comunque concentrata. Non più atteggiarsi, non più smorfie di cinico disprezzo per il mondo visto da un tredicenne; non più pensieri che corrono ai capelli col gel o a...(magari si sapesse cosa li tormenta a volte); loro, davanti a quel pallone, sono proprio nel momento.


Come il gatto quando gioca. E come il violinista svizzero.